Monumenti
I principali monumenti di Napoli
I principali monumenti di Napoli
La storia di Napoli, così antica e varia,
giustifica la presenza di numerosissimi monumenti, risalenti a epoche diverse: dalla greco-romana, all'angioina, all'aragonese, per cui -a distanza di pochi passi gli uni dagli altri- è
possibile incontrare in città mura romane, chiese medioevali, castelli normanni, palazzi
rinascimentali, catacombe paleocristiane, edifici in stile liberty...
Si tratta di un
panorama suggestivo e vasto, solo parzialmente rappresentato nella grafica
precedente, e che in queste pagine si cerca di illustrare nel miglior modo possibile.
I castelli di Napoli
La città di Napoli possiede ben 4 castelli, siti
in zone distinte della città, e con storie e origini diverse.
Il più noto e caratteristico è sicuramente il Castel dell'Ovo, la cui sagoma è
una prerogativa inconfondibile della città e del suo lungomare. Sorge sull'isolotto di
Megaride (popolato sin dalla nascita di Napoli), circondato dal Borgo Marinari, e la sua
origine è fissata intorno al dodicesimo secolo, con la edificazione di una rocca poi
ampliata dai Normanni e dagli Angioini.
La mole imponente del Maschio Angioino, o Castel Nuovo, sovrasta invece la
vasta Piazza Municipio, varco di accesso al porto, ed è il primo monumento in cui ci si
imbatte arrivando a Napoli dal mare. Costruito nel tredicesimo secolo dagli angioini, fu
poi rinnovato dagli aragonesi nei secoli successivi.
Il Castel Sant'Elmo invece domina la città dall'alto,
sorgendo sulla sommità della collina del Vomero. Costruito in tufo e nel tufo, ha pianta
a stella e permette di vedere dai possenti bastioni i vari angoli della città. Fu fatto
costruire nel quattordicesimo secolo per volontà di Roberto d'Angiò.
Il Castel Capuano, nella zona orientale della città,
infine, è il meno noto dei quattro. Fondato nel dodicesimo secolo da Guglielmo I ,
ampliato da Federico II e restaurato da Carlo d'Angiò, prende il nome dalla vicina Porta
Capuana, uno degli antichi accessi alla città. Da secoli è sede dei Tribunali.
Il palazzo reale
La genesi del
palazzo reale di Napoli risale all'epoca vicereale: ai primi del '600 i viceré spagnoli
sentirono l'esigenza di una reggia ampia e elegante che potesse ospitare sfarzosamente la
corte e i sovrani nel corso dei loro viaggi in città. Il progetto fu affidato a Domenico
Fontana (proveniente dalla corte papale), che si ispirò a canoni tardo-rinascimentali;
successivi ampliamenti e abbellimenti si ebbero nel '700 e nell'800. Nel
1837 il palazzo fu danneggiato da un incendio; i successivi restauri furono curati
dall'architetto Gaetano Genovese, che realizzò anche l'ala delle feste e una nuova
facciata verso il mare.
Dal 1600 al 1946 il Palazzo Reale è stato ininterrottamente la sede del potere monarchico a Napoli e nell'Italia meridionale: suoi inquilini furono dapprima i viceré spagnoli e austriaci, poi i Borbone e infine i Savoia. Dal 1919 il complesso ospita il Museo dell'Appartamento Storico e la Biblioteca Nazionale.
Dal 1600 al 1946 il Palazzo Reale è stato ininterrottamente la sede del potere monarchico a Napoli e nell'Italia meridionale: suoi inquilini furono dapprima i viceré spagnoli e austriaci, poi i Borbone e infine i Savoia. Dal 1919 il complesso ospita il Museo dell'Appartamento Storico e la Biblioteca Nazionale.
La facciata principale del palazzo reale di Napoli
La
lunga facciata di Palazzo Reale è interamente opera del Fontana: al centro si apre
l'ingresso principale, sormontato da un balcone di parata; ai lati di questo, sono
posizionati gli stemmi reale e vicereale, al di sotto quello dei Savoia. In alto, si eleva
la torretta dell'orologio.
Nella facciata si apre anche una serie di archi e di nicchie; all'interno di queste ultime, a fine '800, i Savoia vollero collocare otto statue rappresentanti i più illustri sovrani delle varie dinastie ascese al trono di Napoli:
Nella facciata si apre anche una serie di archi e di nicchie; all'interno di queste ultime, a fine '800, i Savoia vollero collocare otto statue rappresentanti i più illustri sovrani delle varie dinastie ascese al trono di Napoli:
Ruggiero il Normanno |
Federico II di Svevia |
Carlo I d'Angiò |
Alfonso I d'Aragona |
Carlo V |
Carlo III di Borbone |
Gioacchino Murat |
Vittorio Emanuele II |
Varcando
l'ingresso principale, attraverso il cortile d'onore, si
accede al Museo dell'Appartamento storico di Palazzo Reale, che conserva l'arredo e
le decorazioni del piano nobile; incantevole è lo scalone di ingresso del palazzo,
rivestito di marmi e stucchi, e molto interessanti sono il Teatrino
di Corte in stile rococò, la Cappella Reale e la Sala del Trono.
Suggestivi sono anche i giardini, mentre di fondamentale importanza culturale è la ricchissima Biblioteca Nazionale, sita nella parte posteriore del complesso, che ospita una raccolta di un milione e mezzo di volumi, tra cui rari manoscritti medievali e i famosi papiri di Ercolano.
Suggestivi sono anche i giardini, mentre di fondamentale importanza culturale è la ricchissima Biblioteca Nazionale, sita nella parte posteriore del complesso, che ospita una raccolta di un milione e mezzo di volumi, tra cui rari manoscritti medievali e i famosi papiri di Ercolano.
Il bellissimo scalone di ingresso del Palazzo
Il lato meridionale del palazzo, con i suggestivi giardini pensili
Il palazzo reale visto dal mare del porto di Napoli
Galleria Umberto I
L'edificazione della bellissima galleria
Umberto I avvenne in un contesto di ristrutturazione edilizia e bonifica territoriale
resesi necessarie in seguito all'epidemia di colera del 1884: interi quartieri
sovraffollati (Porto, Pendino, Mercato, Vicaria) furono sventrati, e venne nominata una
commissione di professionisti cittadini, per valutare i progetti di ricostruzione.
Uno dei quattro bracci della galleria
Tra le aree interessate, rientrava quella
di S.Brigida, per la quale furono presentati quattro distinti
progetti; risultò vincitore quello dell'ingegnere Emanuele Rocco, che prevedeva,
nell'area risultante dalle demolizioni degli edifici fatiscenti preesistenti,
l'edificazione di quattro ampi edifici, collegati e impreziositi da una grande galleria in
ferro e vetro larga 15 metri, progettata dall'ingegner Paolo Boubée. Le vetrate, con una
superficie di 1076 metri quadrati, formano quattro bracci, che si intersecano in
corrispondenza di una ampia cupola. Dei quattro ingressi alla galleria, il più
valorizzato è quello che fronteggia il Teatro San Carlo, con un porticato leggermente arcuato, che
forma un piccolo slargo, e una facciata enfatizzata con statue di marmo e nicchie.
L'ingresso principale
della Galleria, su via San Carlo
|
La galleria venne inaugurata ufficialmente il 10 novembre 1892 dal
sindaco Nicola Amore, e divenne tra fine '800 e inizio '900 il centro artistico e mondano
della città (vi si trovava il celebre salone Margherita, che ospitò i maggiori artisti
del varietà). Dopo una fase di decadenza nel periodo tra le due guerre, oggi è un ampio
ed elegante salotto cittadino, con bei negozi, ritrovi ed uffici: sicuramente uno dei
principali gioielli della città, che completa una zona già ricca di monumenti, strade e
piazze importanti.
L'ingresso di via Santa Brigida |
Interno della Galleria visto da via Toledo |
Particolare della cupola in vetro e acciaio |
Teatro San Carlo
Facciata principale del Real Teatro di San Carlo
Il teatro
dell'opera di Napoli, dedicato a San Carlo, è uno dei teatri lirici più antichi al
mondo. Si trova nell'omonima via, in corrispondenza di uno dei lati del Palazzo Reale, e di
fronte all'ingresso principale della Galleria Umberto.
Teatro San Carlo - Porticato d'ingresso
Il teatro fu fatto
costruire, nel 1737, per volere di Carlo I di Borbone, in sostituzione del vecchio teatro
di San Bartolomeo, e venne inaugurato nel giorno di San Carlo di quello stesso anno, con
un'opera del Metastasio. Il progetto originario era degli architetti Medrano e Carasale,
ma, in seguito all'incendio del 1816 che provocò gravi danneggiamenti, il teatro fu
ricostruito dal Niccolini, a cui si devono anche la facciata, la loggia e l'atrio.
Il palco reale e le decorazioni dorate della sala
Il San Carlo è il
teatro italiano più grande d'Italia per capacità; la sala è caratterizzata da sei
piani, con 184 palchi, e, in posizione centrale, lo splendido palco reale, sormontato
dalla corona del Regno delle Due Sicilie. Dal 1812, è qui ospitata la Scuola di Ballo del
Teatro San Carlo; tra gli illustri direttori artistici che si sono alternati
alla guida del teatro, si possono citare Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti.
Reggia di Capodimonte
La reggia di Capodimonte fu voluta, per la
città di Napoli, dal sovrano Carlo III di Borbone, che intendeva con essa impreziosire la
sua vasta riserva di caccia sulla verde collina di Capodimonte.
La costruzione del palazzo,
progettato da Giovanni Antonio Medrano, cominciò nel 1738 e durò per circa venti anni,
con gran ricercatezza nei materiali e nelle rifiniture; al completamento della
costruzione, Carlo III vi trasferì la preziosa collezione Farnese, ereditata dalla madre.
Alla morte del sovrano, il suo successore Ferdinando IV incaricò l'architetto Fuga di
ampliare la reggia e risistemare il parco, con l'importante contributo di specialisti
provenienti dal Real Orto Botanico; nel corso del decennio francese, le opere d'arte furono spostate
nell'edificio dell'attuale Museo Nazionale, e la reggia divenne residenza di Gioacchino
Murat, per poi tornare ad ospitare Ferdinando al suo ritorno sul trono napoletano. In
questo periodo, i vasti cortili e gli ampi saloni vengono ulteriormente arricchiti, e il
palazzo assume la sua fisionomia definitiva. Sotto i Savoia, la reggia di Capodimonte
riveste il duplice ruolo di residenza e museo, per poi assolvere dal 1950 (anno di
istituzione del Museo
Nazionale di Capodimonte) solo quest'ultima funzione, ospitando collezioni di arte
medioevale e moderna e il ritorno della collezione Farnese.
Della reggia sono visitabili i tre piani
-che ospitano, oltre agli antichi arredi, la notevole pinacoteca, collezioni di porcellane
e oggetti preziosi-, i cortili e il vasto parco annesso,
con i suoi viali, i prati e le numerose specie arboree.
Una delle sale dell'appartamento storico
Il raffinato salottino di porcellana
La Certosa di San Martino
La certosa di San Martino fu fondata nel
1325 da Carlo duca di Calabria, che la volle in una posizione dominante sulla città,
accanto al castello di Belforte (Castel S.Elmo). La prima soluzione era una grandiosa
costruzione gotica di cui rimangono oggi pochi elementi (tra cui alcune aperture con
archetti in stile catalano), a causa della radicale ristrutturazione in stile barocco del
Seicento, cui parteciparono tutti i grandi artisti napoletani del tempo, sotto la
direzione di Cosimo Fanzago.
Facciata esterna del complesso monumentale |
Il cortile d'ingresso |
La chiesa, di tipico stampo barocco, si
caratterizza per decorazioni pittoriche di Solimena, Vaccaro, Luca Giordano, Ribera e per
gli interventi architettonici e scultorei dello stesso Fanzago; notevoli sono il coro, le
cappelle laterali e la sala del tesoro.
La facciata della Chiesa |
La Chiesa fotografata da Castel S.Elmo |
L'abside e l'altare maggiore |
Scranni in legno e volte affrescate |
Un esempio splendido dell'arte napoletana
seicentesca è costituito dal Chiostro Grande, caratterizzato da colonne di ordine
dorico-toscano, dal cimiterino dei monaci certosini (con le bianche balaustre marmoree
sormontate da teschi scolpiti), dalle statue del loggiato, dai busti dei santi certosini
sui portali, dal finto pozzo nel centro e da numerosi alberi da frutto.
Il chiostro grande |
L'imponente pozzo centrale |
Il cimitero dei certosini, ornato di teschi in marmo |
Medaglioni del Fanzago e del Vaccaro sulle porte angolari del chiostro grande
Un chiostro più piccolo, detto Chiostro
dei Procuratori, costituisce la via di accesso ai giardini e alle sale del Museo
Nazionale; presenta le stesse proporzioni del Chiostro Grande, ed ha al centro un pozzo,
opera di Felice de Felice.
Il chiostro piccolo, o Chiostro dei Procuratori
Il quarto, cioè l'appartamento, del
Priore fu decorato da celebri pittori napoletani, e dotato di un bel pavimento in cotto e
maiolica, tuttora visibile; il monastero fu soppresso nel 1806 dai francesi, e
all'abbandono dei certosini le opere lì custodite furono acquisite dallo stato. Oggi la
Certosa ospita il Museo Nazionale di San Martino, dedicato alla storia
cittadina e con una ampia, suggestiva, esposizione di presepi della scuola napoletana.
Una stanza del Quarto del Priore
I giardini della Certosa scendono dalla
sommità di San Martino lungo la collina del Vomero, per arrivare all'altezza del corso
Vittorio Emanuele; vi si trovano molteplici specie arboree e floreali, e da essi si gode
uno dei panorami
più belli sul golfo di Napoli.
Scorci dei vari livelli dei giardini
|
Splendidi
panorami dai giardini della Certosa
|
La Napoli greco-romana
L'attuale centro storico della città
di Napoli, dichiarato nel 1995 Patrimonio Mondiale dell'Unesco, si sovrappone in maniera
incredibilmente precisa all'assetto urbanistico dell'antica città di Neapolis, come
questa si presentava nel periodo di suo massimo sviluppo. Visitando il centro storico, è
così possibile oggi individuare un'infinità di siti ricchi di tracce del prestigioso
passato (vedi mappa); il viaggio alla
scoperta della Napoli delle origini può poi essere completato nei musei cittadini, in
primis nel Museo
Archeologico Nazionale.
Napoli
greca
Benchè la Napoli greco-romana si sarebbe sviluppata prevalentemente nell'area dell'attuale centro storico, il primo avamposto della città, fondato da un gruppo di navigatori Rodiesi nell'800 a.C. e poi ampliato e abitato da coloni greci di Cuma a partire dal 680 a.C., corrispondeva alla zona compresa tra l'isoletta di Megaride (dove oggi sorge il Castel dell'Ovo) e la collina di Monte Echia (Pizzofalcone). Questo primo nucleo abitativo fu chiamato Parthenope, in onore della sirena vinta da Ulisse, il cui corpo, secondo il mito, sarebbe stato trascinato dalle onde fino alle spiagge dell'isolotto di Megaride. In quest'area, rimangono pochi resti della più antica storia di Napoli: in particolare, sul Monte Echia, si trovano resti di una necropoli dell'epoca cumana, oltre alle rovine della villa del patrizio romano Lucullo, di epoca successiva.
Benchè la Napoli greco-romana si sarebbe sviluppata prevalentemente nell'area dell'attuale centro storico, il primo avamposto della città, fondato da un gruppo di navigatori Rodiesi nell'800 a.C. e poi ampliato e abitato da coloni greci di Cuma a partire dal 680 a.C., corrispondeva alla zona compresa tra l'isoletta di Megaride (dove oggi sorge il Castel dell'Ovo) e la collina di Monte Echia (Pizzofalcone). Questo primo nucleo abitativo fu chiamato Parthenope, in onore della sirena vinta da Ulisse, il cui corpo, secondo il mito, sarebbe stato trascinato dalle onde fino alle spiagge dell'isolotto di Megaride. In quest'area, rimangono pochi resti della più antica storia di Napoli: in particolare, sul Monte Echia, si trovano resti di una necropoli dell'epoca cumana, oltre alle rovine della villa del patrizio romano Lucullo, di epoca successiva.
Un'immagine di Pizzofalcone (il Monte Echia) da via Santa Lucia
Intorno al 530 a.C., inizia però una
fase di declino di Parthenope, dovuto al sopravvenuto predominio commerciale e militare
degli etruschi nell'area; la rinascita della città giunge dopo il 474 a.C. quando le
colonie della Magna Grecia, sconfitti gli Etruschi in mare, riaffermarono la loro egemonia
sull'Italia meridionale. A questo punto, i greci di Cuma poterono ripopolare il vecchio
borgo, che assunse il nome di Palepolis (città vecchia),
mentre a pochi chilometri di distanza, verso est, veniva fondata Neapolis
(città nuova), un nuovo e più grande centro, fortificato e dotato di un ampio porto.
La struttura di Neapolis, conservatasi
fino ai nostri giorni, si ispirava ai fondamenti dell'urbanistica ateniese, con uno schema
viario basato su tre ampie strade parallele longitudinali (plateiai in greco, decumani
in latino) intersecate ad angolo retto da una serie di strade più strette (stenopoi
in greco, cardini in latino), che con le prime formavano isolati (insulae)
comprendenti edifici di varia natura. Le spesse mura difensive, formate da una doppia
cortina di blocchi tufacei, attorniavano la città seguendo il profilo di colline e
valloni, e su di esse si aprivano frequenti porte, in corrispondenza delle strade
principali. Un tratto delle antiche mura è oggi visibile in uno scavo a cielo aperto in piazza Bellini; il
livello, più basso di quello della strada attuale, dimostra come la città di Napoli si
sia sviluppata, nei secoli, per stratificazioni successive, per cui in molte aree la
città odierna sorge sui resti di quella romana, che a sua volta era stata edificata su
quella greca.
Resti delle antiche mura greche, visibili nel mezzo di Piazza Bellini
Napoli
romana
Nel 326 a.C., a seguito della II guerra sannitica, Neapolis è cinta d'assedio e conquistata dall'esercito romano; pur restando da quel momento sotto l'egemonia di Roma, alla città è però attribuito lo status di "civitas foederata", il che le consentirà di mantenere una certa autonomia, e di poter diventare un punto di incontro e di confronto di culture differenti, nei secoli successivi.
Nel I secolo a.C. la città raggiunge il suo massimo sviluppo, al punto da richiedere un'espansione urbanistica oltre i confini delle originarie mura: ne sono testimonianza i ritrovamenti in corrispondenza del chiostro di Santa Chiara, e gli insediamenti ad ovest, nelle zone di Chiaia e Posillipo e, più oltre, nell'area flegrea, resa accessibile dall'apertura della galleria conosciuta come Crypta Neapolitana.
Nel 326 a.C., a seguito della II guerra sannitica, Neapolis è cinta d'assedio e conquistata dall'esercito romano; pur restando da quel momento sotto l'egemonia di Roma, alla città è però attribuito lo status di "civitas foederata", il che le consentirà di mantenere una certa autonomia, e di poter diventare un punto di incontro e di confronto di culture differenti, nei secoli successivi.
Nel I secolo a.C. la città raggiunge il suo massimo sviluppo, al punto da richiedere un'espansione urbanistica oltre i confini delle originarie mura: ne sono testimonianza i ritrovamenti in corrispondenza del chiostro di Santa Chiara, e gli insediamenti ad ovest, nelle zone di Chiaia e Posillipo e, più oltre, nell'area flegrea, resa accessibile dall'apertura della galleria conosciuta come Crypta Neapolitana.
L'ingresso della Crypta Neapolitana, nell'area del Parco Vergiliano
Dopo l'82 a.C., a seguito di infelici
scelte strategiche nel corso della guerra civile tra Mario e Silla, Neapolis è punita con
lo spostamento di molte delle attività commerciali verso Puteoli, il che coincide con l'inizio
della decadenza della città, che comincia a diventare città degli otia (i
dintorni, da Baia,
a Pompei, a Capri divengono sedi
privilegiate delle ville dei ricchi patrizi romani e di alcuni imperatori) e sempre più
crocevia di razze, culture e religioni (nel II e III secolo d.C. fioriscono le comunità
orientali, specialmente quella alessandrina,
ma è forte anche la presenza cristiana, di cui sono testimonianza le tante catacombe ed
ipogei).
Nel IV-V secolo d.C., il declino dell'impero romano si affianca all'indebolimento della città, continuamente sottoposta alle scorrerie dei goti. Nel 476, l'ultimo imperatore Romolo Augustolo è spodestato dai barbari, ed esiliato sull'isola di Megaride, dove la storia di Napoli aveva avuto inizio.
Nel IV-V secolo d.C., il declino dell'impero romano si affianca all'indebolimento della città, continuamente sottoposta alle scorrerie dei goti. Nel 476, l'ultimo imperatore Romolo Augustolo è spodestato dai barbari, ed esiliato sull'isola di Megaride, dove la storia di Napoli aveva avuto inizio.
Le fontane di Napoli
Nella storia di Napoli, le fontane hanno
avuto grande importanza, con un duplice ruolo: anzitutto quello di mezzo per la
distribuzione delle acque, sorgive o provenienti da acquedotti, alla popolazione, e, in
seguito, anche strumento di celebrazione del potere e della generosità dei sovrani che
sul trono di Napoli si succedevano, e che ne promossero la costruzione in gran numero e in
punti diversi della città.
Molte fontane di cui la storia ci
riferisce non esistono più, altre sono state più volte modificate, razziate o spostate,
ma comunque ne rimangono oggi moltissime, e sono qui di seguito riportate storia e
fotografie delle più belle e monumentali.
Fontana del Nettuno
E' una delle fontane più monumentali della città, e la sua costruzione risale al periodo del vicereame di Enrico di Guzmàn (1595-1599), ad opera di Michelangelo Naccherino, Angelo Landi, Pietro Bernini e Domenico Fontana. La struttura, gli elementi decorativi e la collocazione della fontana hanno subito molti cambiamenti nei secoli: costruita nei pressi dell'arsenale, fu portata nel 1629 nel largo di Palazzo (piazza Plebiscito); costituendo intralcio per le feste in piazza, fu presto spostata a S.Lucia, dove fu arricchita da sculture di Cosimo Fanzago, ma nel 1638 cambiò di nuovo collocazione, venendo posta nell'attuale via Medina e subendo grandi lavori di ampliamento e arricchimento; mutilata al tempo della rivolta di Masaniello (1647), e depredata dal vicerè Pedro Antonio d'Aragona (1672), fu restaurata nel 1675 e probabilmente spostata nei pressi del Molo Grande; alla fine del 1800, il Comune la fece collocare nell'attuale piazza Borsa, dove è rimasta fino al 2000, quando, anche per facilitare i lavori del cantiere della metropolitana, è stata restaurata e riportata nell'antica posizione in via Medina.
La fontana è costituita da una grande vasca, circondata da una balaustra intervallata da quattro scalette; ai lati di queste, acqua fluisce da bocche di leoni che, tra le zampe, custodiscono scudi della città. Nella vasca centrale, due mostri marini versano acqua in una vaschetta adornata da figure simboliche, e, ai bordi, quattro delfini cavalcati da tritoni hanno la stessa funzione. Al centro della fontana, su uno scoglio, due satiri e due ninfe reggono con la mano e con la testa una tazza su cui si erge la statua di Nettuno, dal cui tridente zampilla l'acqua.
E' una delle fontane più monumentali della città, e la sua costruzione risale al periodo del vicereame di Enrico di Guzmàn (1595-1599), ad opera di Michelangelo Naccherino, Angelo Landi, Pietro Bernini e Domenico Fontana. La struttura, gli elementi decorativi e la collocazione della fontana hanno subito molti cambiamenti nei secoli: costruita nei pressi dell'arsenale, fu portata nel 1629 nel largo di Palazzo (piazza Plebiscito); costituendo intralcio per le feste in piazza, fu presto spostata a S.Lucia, dove fu arricchita da sculture di Cosimo Fanzago, ma nel 1638 cambiò di nuovo collocazione, venendo posta nell'attuale via Medina e subendo grandi lavori di ampliamento e arricchimento; mutilata al tempo della rivolta di Masaniello (1647), e depredata dal vicerè Pedro Antonio d'Aragona (1672), fu restaurata nel 1675 e probabilmente spostata nei pressi del Molo Grande; alla fine del 1800, il Comune la fece collocare nell'attuale piazza Borsa, dove è rimasta fino al 2000, quando, anche per facilitare i lavori del cantiere della metropolitana, è stata restaurata e riportata nell'antica posizione in via Medina.
La fontana è costituita da una grande vasca, circondata da una balaustra intervallata da quattro scalette; ai lati di queste, acqua fluisce da bocche di leoni che, tra le zampe, custodiscono scudi della città. Nella vasca centrale, due mostri marini versano acqua in una vaschetta adornata da figure simboliche, e, ai bordi, quattro delfini cavalcati da tritoni hanno la stessa funzione. Al centro della fontana, su uno scoglio, due satiri e due ninfe reggono con la mano e con la testa una tazza su cui si erge la statua di Nettuno, dal cui tridente zampilla l'acqua.
La fontana del Nettuno, tornata oggi in via Medina
Fontana del Gigante, o
dell'Immacolatella
Quest'altra splendida fontana si trova nella bella curva tra via Partenope e via Nazario Sauro, a pochi passi dal Castel dell'Ovo. La costruzione risale agli inizi del Seicento, per opera del Bernini e del Naccherino, e le due denominazioni derivano dalle prime collocazioni che ebbe: dapprima nei pressi del palazzo Reale (dove si trovava la statua del Gigante rinvenuta a Cuma), poi, dal 1815, al molo, di fronte alla costruzione detta dell'Immacolatella; spostata in seguito al Carmine, e poi nei giardinetti di via S.Pasquale a Chiaia, trovò la collocazione definitiva nel 1905, quando il Comune decise di spostarla in un posto più consono, e fu scelta la nuova strada ottenuta dalla colmata della spiaggia.
Collocata su un basamento, è formata da tre archi a tutto sesto; in quello centrale, la tazza è decorata da due animali marini, mentre in quelli laterali due statue fluviali reggono mostri marini tra le mani. Alle estremità laterali due cariatidi sorreggono cornucopie. In alto, sugli archi, si trovano gli stemmi del vicerè, quello del re e quello della città.
Quest'altra splendida fontana si trova nella bella curva tra via Partenope e via Nazario Sauro, a pochi passi dal Castel dell'Ovo. La costruzione risale agli inizi del Seicento, per opera del Bernini e del Naccherino, e le due denominazioni derivano dalle prime collocazioni che ebbe: dapprima nei pressi del palazzo Reale (dove si trovava la statua del Gigante rinvenuta a Cuma), poi, dal 1815, al molo, di fronte alla costruzione detta dell'Immacolatella; spostata in seguito al Carmine, e poi nei giardinetti di via S.Pasquale a Chiaia, trovò la collocazione definitiva nel 1905, quando il Comune decise di spostarla in un posto più consono, e fu scelta la nuova strada ottenuta dalla colmata della spiaggia.
Collocata su un basamento, è formata da tre archi a tutto sesto; in quello centrale, la tazza è decorata da due animali marini, mentre in quelli laterali due statue fluviali reggono mostri marini tra le mani. Alle estremità laterali due cariatidi sorreggono cornucopie. In alto, sugli archi, si trovano gli stemmi del vicerè, quello del re e quello della città.
La fontana dell'Immacolatella, in via Partenope
Fontana del Sebeto
La fontana del Sebeto (o del Fonseca) si trova alla fine di via Caracciolo, in corrispondenza del largo Sermoneta. All'atto della costruzione (1635), era sita nell'attuale via Cesario Console, e fu commissionata dal viceré Manuel Zuñiga y Fonseca a Cosimo Fanzago, che vi lavorò insieme ai figli; fu portata in riva al mare, ai piedi di via Posillipo, nel 1939.
La fontana è caratterizzata da un arco, al centro del quale si trova una statua del Sebeto (antico fiume di Napoli), e da un basamento, su cui poggiano tre vasche. Ai lati si trovano due obelischi e le sculture di due tritoni, mentre in alto, sull'arco, vi sono una lapide e gli stemmi del vicerè, della città e del re.
La fontana del Sebeto (o del Fonseca) si trova alla fine di via Caracciolo, in corrispondenza del largo Sermoneta. All'atto della costruzione (1635), era sita nell'attuale via Cesario Console, e fu commissionata dal viceré Manuel Zuñiga y Fonseca a Cosimo Fanzago, che vi lavorò insieme ai figli; fu portata in riva al mare, ai piedi di via Posillipo, nel 1939.
La fontana è caratterizzata da un arco, al centro del quale si trova una statua del Sebeto (antico fiume di Napoli), e da un basamento, su cui poggiano tre vasche. Ai lati si trovano due obelischi e le sculture di due tritoni, mentre in alto, sull'arco, vi sono una lapide e gli stemmi del vicerè, della città e del re.
La fontana del Sebeto, sul mare di Mergellina
Fontana della Sirena
La fontana della Sirena si trova nel mezzo di piazza Sannazaro, ed è stata di recente restaurata e dotata di un efficace sistema di illuminazione. Quando fu costruita, verso la metà dell'Ottocento, da Francesco Jerace, la fontana era sita nei giardini di piazza Garibaldi, nei pressi della stazione ferroviaria; fu portata nel luogo attuale nel 1924, contestualmente all'apertura della galleria Laziale, che collega piazza Sannazaro con Fuorigrotta.
La fontana è costituita da una vasca circolare interrata, e nella quale, su un grande scoglio, si trovano quattro animali marini su cui si erge la sirena, che tiene una lira tra le mani.
La fontana della Sirena si trova nel mezzo di piazza Sannazaro, ed è stata di recente restaurata e dotata di un efficace sistema di illuminazione. Quando fu costruita, verso la metà dell'Ottocento, da Francesco Jerace, la fontana era sita nei giardini di piazza Garibaldi, nei pressi della stazione ferroviaria; fu portata nel luogo attuale nel 1924, contestualmente all'apertura della galleria Laziale, che collega piazza Sannazaro con Fuorigrotta.
La fontana è costituita da una vasca circolare interrata, e nella quale, su un grande scoglio, si trovano quattro animali marini su cui si erge la sirena, che tiene una lira tra le mani.
La fontana nella rotonda di piazza Sannazaro
Fontana detta "del Carciofo"
Questa giovane fontana fu fatta costruire sul finire degli anni Cinquanta dall'allora sindaco della città, Achille Lauro, nel mezzo di piazza Trieste e Trento, a pochi metri da piazza Plebiscito, dal palazzo reale, dalla Galleria Umberto I e dal Teatro San Carlo.
La fontana è costituita da una grande vasca circondata da un giardinetto. Al suo centro, una tazza contiene l'acqua che zampilla da un vaso centrale a forma di corolla; proprio a tale conformazione si deve il nome che da subito le venne data dai napoletani, e con cui è attualmente conosciuta.
Questa giovane fontana fu fatta costruire sul finire degli anni Cinquanta dall'allora sindaco della città, Achille Lauro, nel mezzo di piazza Trieste e Trento, a pochi metri da piazza Plebiscito, dal palazzo reale, dalla Galleria Umberto I e dal Teatro San Carlo.
La fontana è costituita da una grande vasca circondata da un giardinetto. Al suo centro, una tazza contiene l'acqua che zampilla da un vaso centrale a forma di corolla; proprio a tale conformazione si deve il nome che da subito le venne data dai napoletani, e con cui è attualmente conosciuta.
La fontana di piazza Trieste e Trento
Fontana di Monteoliveto, o di Carlo II
Questa fontana barocca fu fatta costruire, in via Monteoliveto, dal viceré Don Pietro Antonio d'Aragona, per celebrare il sovrano di Spagna. I lavori iniziarono nel 1669 e si protrassero per vari anni, vedendo l'alternarsi di diversi scultori e molti ripensamenti sulle modalità di raffigurazione del sovrano, allora adolescente.
La fontana è costruita su una vasca polilobata a tre bracci, su cui si erge un piedistallo con tre leoni e tre aquile, e con gli stemmi del re, del vicerè e della città di Napoli. Al centro, un obelisco piramidale termina con una base triangolare, su cui poggia la statua in bronzo del re (eseguita da Francesco D'Angelo su disegno del Fanzago).
Questa fontana barocca fu fatta costruire, in via Monteoliveto, dal viceré Don Pietro Antonio d'Aragona, per celebrare il sovrano di Spagna. I lavori iniziarono nel 1669 e si protrassero per vari anni, vedendo l'alternarsi di diversi scultori e molti ripensamenti sulle modalità di raffigurazione del sovrano, allora adolescente.
La fontana è costruita su una vasca polilobata a tre bracci, su cui si erge un piedistallo con tre leoni e tre aquile, e con gli stemmi del re, del vicerè e della città di Napoli. Al centro, un obelisco piramidale termina con una base triangolare, su cui poggia la statua in bronzo del re (eseguita da Francesco D'Angelo su disegno del Fanzago).
La fontana di Carlo II in via Monteoliveto
Catacombe
Catacombe di San
Gennaro
IN COSTRUZIONE
La reggia di Capodimonte fu voluta, per la città di Napoli, dal sovrano Carlo III di Borbone, che intendeva con essa impreziosire la sua vasta riserva di caccia sulla verde collina di Capodimonte. La costruzione del palazzo, progettato da Giovanni Antonio Medrano, cominciò nel 1738 e durò per circa venti anni, con gran ricercatezza nei materiali e nelle rifiniture; al completamento della costruzione, Carlo III vi trasferì la preziosa collezione Farnese,
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